Genetica della forma

Genetica della forma

INAUGURAZIONE 9 APRILE 2022 ORE 11,00

Antonio Barbieri, Giulio Bensasson, Roberto Ghezzi,
Giulia Manfredi, Miriam Montani, Bernardo Tirabosco, Medina Zabo
a cura di Davide Silvioli
09 aprile – 29 maggio 2022
Museo di Palazzo Collicola, Spoleto

 

 

Nella programmazione stagionale di Palazzo Collicola, la mostra collettiva Genetica della forma costituisce un
momento di attenzione su come pratiche artistiche contemporanee stiano riformulando l’entità della forma
nell’opera d’arte, a partire dall’analisi del lavoro di una selezione di artisti emergenti e mid-career.
Il progetto, a cura di Davide Silvioli, porta in esposizione una cerchia di sette artisti, differenti per lessico e
riferimenti, parificati dall’impiego di metodologie che sperimentano mezzi, processi, materie e materiali, ora
innovativi e ora tradizionali, talvolta ibridandoli, fino a creare nuove destinazioni estetiche, dove la forma,
risultando insubordinabile alle prescrizioni canoniche di euritmia e composizione, si apre all’effetto instabile di
operazioni che ne alterano e pregiudicano qualsiasi pretesa di compiutezza o ultimazione.
Il titolo della mostra, su questa base, trae spunto dall’aneddoto secondo cui gli scienziati James Watson e
Francis Crick, nella scoperta della morfologia a doppia elica della struttura del DNA, sembra furono ispirati da
alcuni scarabocchi eseguiti da Crick nel suo quaderno di lavoro. Pur nella sua apparente semplicità, questo
episodio racconta molto sulla natura della forma nell’universo molecolare così come in quello della ricerca
artistica, racchiudendo la complessità del rapporto fra forma e sostanza, fra forma e ambiente esterno, fra
forma naturale e forma artificiale, fra forma e sembianza, fra la forma e la sua percezione.
Pertanto, i linguaggi di Antonio Barbieri, Giulio Bensasson, Roberto Ghezzi, Giulia Manfredi, Miriam Montani,
Bernardo Tirabosco, Medina Zabo, con un grado elevato di interdisciplinarità, rappresentano sette ricerche che,
pur valutando le rispettive soggettività, argomentano in maniera adeguata e unanime le premesse teoriche
della mostra. Scandite lungo le sale del piano terra del Museo, le loro opere, transitando dalla scultura
all’installazione fino al video, e sfuggendo a facili nomenclature, forniscono uno scenario sintetico ma esaustivo
di come la categoria classica della forma, nel progetto interpretata come il risultato dell’effetto simultaneo –
non sempre disciplinabile – di impulsi endogeni ed esogeni, sia tuttora in fase di revisione da parte della
contemporaneità.
Antonio Barbieri (Rho, 1985). La sua ricerca si propone di analizzare i cambiamenti delle forme di vita, il modo
in cui esse si strutturano e si modificano nel tempo. La continua sperimentazione stilistica lo porta a un uso
significativo della tecnologia che fa da humus al concepimento delle opere. I soggetti che ne derivano spaziano
dalla rappresentazione di organismi ipotetici, allo studio delle regole frattali applicate alla natura. Ha esposto
alla Fondazione Tomassini di Orvieto, alle Officine Chigiotti di Grosseto, al Contemporary Cluster di Roma.
Giulio Bensasson (Roma, 1990). Ha conseguito il diploma in Pittura e il diploma specialistico in Scultura e Nuove
tecnologie applicate allo spazio all’Accademia di Belle Arti di Roma. La sua pratica si sviluppa principalmente
attraverso la scultura e l’installazione. Il tempo è elemento primario in molte sue opere, materiale espressivo
tramite cui indaga il trasformarsi della materia. È assistente di studio dell’artista Alfredo Pirri. Ha esposto alla
Fondazione Pastificio Cerere di Roma, al Jacobs Museum di Zurigo, alla Galleria Ravnikar di Ljubljana,
Roberto Ghezzi (Cortona, 1978). La sua formazione inizia nello studio di famiglia e si perfeziona all’Accademia di
Belle Arti di Firenze. I suoi esordi, negli anni Novanta, sono legati alla pittura. Nel tempo matura un disegno
concettuale che trova espressione in un corpus di lavori inediti; le Naturografie©, opere realizzate “attraverso”
la natura, in un dialogo dove Uomo e Ambiente entrano in connessione. Ha effettuato mostre, residenze,
installazioni ambientali e progetti in Italia e in luoghi remoti come Alaska, Islanda, Sudafrica, Patagonia.
Giulia Manfredi (Castelfranco Emilia, 1984). Vive e lavora a Roma. Si è laureata in Pittura all’Accademia di Belle
Arti d Bologna. A Berlino, dove l’artista ha lavorato e avuto uno studio per otto anni, ha frequentato corsi con
Hito Steyrl, presso l’Università delle Arti UDK. Nel 2017, è vincitrice del Premio Cramum. Lavora sul tema della
compresenza fra vita e morte, tradotta, nelle sue opere, tramite l’antitesi fra materie vive e inermi. Ha esposto
all’AMT Project di Bratislava, alla Biennal of young artists di Nottingham, alla Biennale del Mediterraneo.
Miriam Montani (Cascia, 1986). Vive e lavora fra l’Umbria e Milano, dove ha fondato, nel 2021, lo spazio
Carrozzeria delle Rose. Si è formata all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Ha fondato il progetto culturale
Sciameproject. Fra il 2015 e il 2020 ha preso parte a Progetto Borca, Dolomiti Contemporanee. Fra il 2019 e il
2020 è stata in residenza a Viafarini, a MIlano. Nel 2021 un suo contributo artistico è presente nel Padiglione
Italia della 17° Biennale internazionale di Architettura di Venezia “Comunità Resilienti”.
Bernardo Tirabosco (Arezzo, 1991). Consegue il diploma magistrale in arti visive indirizzo Pittura presso
l’Accademia di Belle Arti di Perugia. Vive e lavora ad Arezzo, dove nel 2019 ha aperto il proprio laboratorio:
Sottofondostudio; spazio che si è parallelamente evoluto ed ampliato come realtà espositiva indipendente nel
centro della città. È assistente di studio dell’artista Giulia Cenci. Ha esposto all’Orto Botanico di Lucca, alla
Kunsthaus di Oberberg, alle Officine Brandimarte di Ascoli Piceno, al Museo Capitolare Diocesano di Foligno.
Medina Zabo (Arezzo, 1979). Si è formata fra l’Università degli Studi di Perugia, lo IED di Roma, le Accademie di
Belle Arti di Perugia e di Roma. Dal 2020 vive e lavora tra l’Etruria e l’East End di Londra. La sua indagine
artistica si muove lungo i temi della colonizzazione e della metamorfosi, attraverso un rovesciamento della
metafora dell’alveare, sia concettualmente che nell’impiego di materiali di origine animale e industriale. Ha
esposto alla Galerie Kub di Lipsia, al Colorado Photographic Art Center di Denver, al Centro Di Sarro di Roma.

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