AGI) – Roma, 22 giu. – Il 24 giugno si alza il sipario sulla 65esima edizione del Festival dei due Mondi di Spoleto e la città umbra torna palcoscenico di arte e cultura. Il settecentesco Palazzo Collicola, sede della Galleria d’Arte Moderna “Giovanni Carandente”, inaugura una importante mostra che renderà visibili 11 opere della collezione Attolico, grazie a un accordo di comodato tra il Comune di Spoleto e Elena e Lorenzo Attolico, attuali responsabili della collezione. La scelta della famiglia Attolico va a rinsaldare il legame che per 45 anni l’ha unita a Spoleto, ‘luogo del cuore’ di Bianca Lucherini Attolico, madre di Elena e Lorenzo. (AGI)
(AGI) – Roma, 22 giu. – La collezione, frutto di decenni di acquisizioni di opere prima da parte di Tommaso Lucherini (1891-1967) poi della figlia Bianca Lucherini Attolico (1931-2020), è costituita da circa 500 opere tra sculture e dipinti che vanno da artisti degli anni Venti del XX secolo (de Chirico, Balla, Sironi, Pirandello, Morandi, Mafai) passando per autori delle Neoavanguardie (Schifano, Pascali, De Dominicis, Manzoni, Mattiacci, Boetti, Mauri), dell’Arte povera (Calzolari, Kounellis), fino ad artisti concettuali (Kosuth, LeWitt, Agnetti, Mochetti), esponenti della Scuola di San Lorenzo (Ceccobelli, Bianchi, Dessì, Nunzio, Gallo) o protagonisti dei nostri giorni (Kentridge, Sierra, Vezzoli, Muniz, Cattelan, Beecroft), solo per fare alcuni nomi. Già in passato esposta temporaneamente in spazi pubblici, parte della collezione sarà ora ospitata a Palazzo Collicola in alcune sale lungo il percorso della Galleria d’Arte Moderna “G. Carandente” di Spoleto. Per la sua inaugurazione è stato selezionato, in accordo col Direttore del museo, Marco Tonelli e grazie agli apparati critici di Lorenzo Fiorucci e Davide Silvioli, un nucleo di opere di importanti artisti italiani non presenti nella collezione permanente del museo stesso, che tracciano un sintetico ed esemplificativo percorso dell’arte italiana dalla metà degli anni Cinquanta ai nostri giorni. Attraverso opere di 11 artisti (Burri, Castellani, Manzoni, Alviani, Agnetti, De Dominicis, Kounellis, Schifano, Vezzoli, Campanini, Arienti), si è voluto così costruire, senza ovviamente finalità filologiche ma di casi esemplari, un percorso di modernità, innovazione e sperimentazione che ha costituito la migliore ricerca italiana in ambito artistico, quasi a formare uno sguardo multiforme ma ugualmente eccentrico e visionario da parte di artisti storicizzati o, in quanto tuttora viventi, destinati senza dubbio ad esserlo. (AGI)
(AGI) – Roma, 22 giu. – Di ognuno degli artisti selezionati si sono scelte opere che li possano rappresentare in modo non equivoco, secondo cioè quei tratti formali e linguistici che hanno contraddistinto le loro poetiche pur a fronte di stili, materiali e periodi diversi nel corso della loro attività. Una vera e propria collezione nella collezione quindi, che idealmente va a coprire, con opere realizzate tra 1965 e 2002, delle “mancanze” fisiologiche della Galleria d’Arte Moderna di Spoleto e che permette di rivedere allo stesso tempo opere di protagonisti dell’arte moderna e contemporanea italiana, messi in una continuità storica e di confronto con le opere stesse della collezione permanente di Spoleto, tra le quali Leoncillo, Pascali, Ceroli, Accardi, Griffa, Lo Savio, Mochetti, LeWitt, Calder, Pepper, Moore, Caro, David Smith. Sempre il 24 giugno sarà inaugurata al museo di Arte Moderna “G. Carandente” la mostra dedicata a Fabrizio Plessi, artista emiliano che vive e lavora a Venezia, pioniere delle videoinstallazioni in Italia. Fin dagli anni Ottanta, anticipando in maniera sperimentale usi della scenografia digitale oggi ormai diffusa, ha realizzato numerose scenografie elettroniche per la televisione, il teatro, la danza contemporanea o come spettacoli autonomi, tra cui quelli della trilogia del coreografo e regista Frédéric Flamand The Fall of Icarus (1989), Titanic (1992) ed Ex machina (1994), oltre a Vestire gli ignudi di Pirandello (2010), Romeo e Giulietta di Shakespeare (2006) e Fenix DNA installata presso il Teatro La Fenice di Venezia (2017). (AGI)
(AGI) – Roma, 22 giu. – La mostra di Palazzo Collicola, realizzata in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Venezia (che nel marzo del 2022 ha esposto per la prima volta le scene elettroniche della trilogia presso i Magazzini del Sale), presenta una ricostruzione digitale delle 6 scenografie elettroniche più coinvolgenti e innovative tra le tante realizzate nella carriera di Plessi, attraverso filmati, foto, progetti, disegni e annotazioni dell’artista, che proiettati su altrettante ricostruzioni di monumentali libri di legno e digitali scorrono come pagine di memorie e racconti fantastici. Se la trilogia coreografata da Flamand esprime metaforicamente le tensioni, le ansie e le catastrofi della contemporaneità, sempre più dipendente dai media e dalla strumentazione digitale, il teatro di Pirandello (trasmesso sul palco, insieme agli attori, da immagini di monitor) e Shakespeare (con costumi e caschi da alta velocità) è stato rivisitato da Plessi con installazioni sceniche altamente innovative e avveniristiche, innescando suggestioni che ne fanno vere e proprie opere d’arte totale, secondo quell’idea che l’artista ha sperimentato fin dal 1987 con la grande installazione Roma presentata a Documenta di Kassel. È Fenix DNA, un’opera immersiva, dedicata alla rinascita della Fenice, a chiudere idealmente il cerchio, mettendo in scena gli stessi elementi primari e naturali della poetica dell’artista, tra cui fuoco, acqua e fulmini. Le grandi pagine digitali proiettate sui monumentali libri di legno, con più di duecento immagini al loro interno, immerse nel buio delle sale del piano terra di Palazzo Collicola, nel loro scorrere come fossero mosse dal vento, danno il senso della progettazione delle opere teatrali, svelando il laboratorio stesso della creatività dell’artista nelle sue fasi di gestazione, ispirazione, euforia, fantasia e visionarietà, dimostrando che principio creativo dell’artista è pur sempre il segno che la mano traccia sul foglio. Quasi a dirci che in fondo la struttura più intima dell’opera di Plessi comunica e mette romanticamente in scena, come in un sogno mai interrotto, la sua istintiva passione per la teatralità e per la spettacolare magia dell’arte. La mostra è stata resa possibile grazie al sostegno della Fondazione Marignoli di Montecorona e Agli Amici di Palazzo Collicola. (AGI)